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“Tornare a fare parte del consorzio umano”

Subiaco (RM), Sacro Speco, affresco anteriore al 1224

«Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo».

Francesco distinse radicalmente due momenti successivi della sua vita: il suo essere «nei peccati», vivere una vita tesa alla conquista di una felicità terrena, poi l’avvio ad accettare il piano d’amore di Dio che lo sospingeva a sé. Prima dell’incontro con i lebbrosi aveva già tanto pregato, fatto opere di bene ed elemosine, ma sapeva di avere allora agito per ogni volta ricavando un largo autocompiacimento nel misurare quanto fossero buoni i suoi sentimenti […] Nel caso dei lebbrosi aveva sopportato l’orrore per quello che vedeva e sentiva; sospinto, quasi costretto, dall’intervento  dell’aiuto divino, «per la misericordia del Redentore», non mosso da un autentico slancio di solidarietà […] Non avendo provato compassione gli era stato impossibile capire il messaggio essenziale del Vangelo: «Ama il prossimo tuo come te stesso». Ogni cosa, prima del «facere misericordiam» con i lebbrosi si condensa agli occhi di Francesco in un antefatto di peccati. Oggi «fare penitenza» significa comunemente compiere un’opera di mortificazione […] Nella versione greca dell’Antico Testamento o dei Settanta, così come nei Vangeli, giunti a noi in greco, l’atteggiamento richiesto all’uomo per ottenere il perdono dei propri peccati è indicato con la parola metànoia […] In greco metànoia significa «la mutazione di una persuasione, di un’attitudine o di un disegno abbracciato anteriormente» o anche il dispiacere per il proprio comportamento precedente. 

«Cominciare a fare penitenza» implicò per il futuro santo la scoperta di una fratellanza con tutti gli uomini, perché tutti figli di Dio, anche con quelli, come i lebbrosi, che il mondo ignorava e non riteneva degni di compassione, non facendosi carico in alcun modo del loro dolore. Di conseguenza per questi poveri malati si schiudeva la possibilità di tornare a fare parte del consorzio umano. «Facere misericordiam» con loro fu dunque per Francesco il momento definitivo e capitale della conversione: significò non agire più secondo rapporti di forza, di prestigio e di ricchezza, ma secondo sentimenti di solidarietà e compassione. 

[…] Nel Vangelo di Marco, Cristo invita i dodici discepoli a due a due per il mondo, a due a due per prestarsi scambievolmente aiuto, affinché predichino la penitenza e diffondano la sua parola. Cristo proibisce loro di pendere con sé due tuniche, denaro, pane e bisaccia, ma, secondo Marco (6,7-12) permette il bastone, la cintura e i sandali. […] Negli altri due Vangeli di Matteo e Luca i divieti sono assoluti: la totale povertà dei discepoli presupponeva un totale abbandono alla Provvidenza. Fu il passo successivo che Francesco compì alla Porziuncola. 

Chiara Frugoni, Storia di Chiara e Francesco, Einaudi, Torino, 2017, pagg. 31 – 34

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