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Parole un giorno dopo l’altro

OGNI GIORNO UNA PROPOSTA DI APPROFONDIMENTO DELLA FEDE

Jean-Marie Ploux (Guéret 1937), presbitero e teologo, è stato vicario generale della Mission de France

El Greco, Resurrezione di Cristo, Olio su tela, 1597 – 1600.

La resurrezione di Gesù non impone la fede, non dà la fede, la presuppone e la sconvolge. La fede nella resurrezione non è il frutto del desiderio di credere nonostante la morte di Gesù, al contrario suscita il dubbio (cf. Mc 16,8.13-14; Lc 24,4.10-11.24-25.41). I discepoli avevano seguito Gesù perché avevano fiducia in lui, fede in lui. Ma si sbagliavano su di lui e non avevano capito di quale Dio Gesù parlava loro. Cos’è che impediva ai discepoli di capire, fin dall’inizio, cosa lui diceva di Dio e dell’uomo? Ancora una volta la risposta è semplice: la loro convinzione religiosa, la loro rappresentazione di Dio. È triste da dire, ma la morte di Gesù, rovinando la loro speranza, li ha aperti a una rappresentazione diversa di Dio. È dopo la morte di Gesù che hanno capito il vero senso della sua vita e del suo messaggio. La resurrezione non è dunque l’inizio della fede ma la conversione della fede e apre un modo nuovo di capire Dio e l’uomo. È esattamente questa la resurrezione e, in un certo modo, è tanto quella dei discepoli che quella di Gesù. Se Gesù è vivente in Dio, non è che il primogenito di una moltitudine di fratelli

[…] La sola cosa che sia certa è che, invece di cercare un altro liberatore – ce ne sono stati che in seguito hanno provocato sommosse contro i romani –, i discepoli hanno ripreso il messaggio di Gesù e si sono impegnati a trarne tutte le conseguenze, di cui la prima fu che il Dio che loro avevano capito non era più prigioniero delle religioni, che era quello degli ebrei come dei pagani, e che la fratellanza degli uomini era senza frontiere, universale.
La resurrezione – quella di Gesù e quella a cui noi siamo chiamati – non è né un ritorno a questa vita né una reincarnazione del nostro spirito in un altro corpo. Non elimina la prova della nostra morte e della morte di quelli che ci sono cari: ci apre nella morte lo spazio di un’altra vita […]
La resurrezione di Gesù manifesta ciò che lui ha impegnato di sé e di Dio nella sua vita: un amore prodigato senza condizioni, senza riserve, nella più totale gratuità. Come per lui, ciò che sarà trasfigurato di noi è l’umanità e l’amore ricevuti dagli altri e dati agli altri.

Il Dio che ha fatto risorgere Gesù dai morti è quello che accompagna l’uomo nella sua vita e nella sua morte e che, al di là della morte, raccoglie nel suo amore l’amore degli uomini. Ciò che i poeti e tutti gli innamorati del mondo avevano intuito e cantato è vero: l’amore attraversa la morte. È al di sopra della vita perché si dà la propria vita per quelli che si amano. Non c’è un “fine ultimo”, c’è un inizio dopo la fine. Tuttavia, se la resurrezione di Gesù è oggetto di fede, la nostra è oggetto di speranza. La resurrezione non consola dalla morte dei bambini piccoli o degli adolescenti alla soglia della loro esistenza. Oltre la giusta ribellione si presenta umilmente come una speranza al di là della disperazione; Paolo dice: una speranza contro ogni speranza (cf. Rm 4,18; 8,24). Essa dovrebbe condurci a vedere il mondo in un altro modo e, soprattutto, a vivere in un altro modo.

Jean-Marie Ploux, Dio non è quel che credi, Qiqajon, Magnano 2018, 55 – 57

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