collirio

La Parola per oggi

Ap 3,1-6.14-22; Sal 14; Lc 19,1-10

Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta delle lettere alle sette chiese, che in realtà finisce qui: le pericopi liturgiche ce ne presentano purtroppo solo quattro.

Sardi era stata una delle più antiche e illustri città dell’Asia Minore, del cui glorioso passato restava solo il ricordo. Nel 17 dopo Cristo un terremoto la rase al suolo e poi fu ricostruita. La tragedia di quel terremoto abbattutosi all’improvviso sul Sardi in piena notte, è servita a Giovanni per elaborare alcuni aspetti che riguardano la vita della chiesa di quella città, quale invito del Signore ad essere vigilante. Anche le caratteristiche topografiche e urbane di Sardi aiutano a comprendere in modo più preciso il contenuto della lettera: “Ti si crede viva e invece sei morta”. Per il visitatore dell’epoca, il sontuoso santuario di Artemide, e la vivace attività che attorno ad esso ruotava, contrastavano con la fredda quiete della necropoli, luogo di morte. Per contrapposizione il Signore si presenta come «Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle», (3,1), cioè che possiede la totalità della vita che vuole comunicare alla Chiesa. Infatti Sardi era ritenuta viva a causa del suo splendore ma in realtà non lo era affatto. La condotta dei membri della Chiesa di Sardi è in contrasto con la sua apparenza. Per contrastare questa situazione la prima cosa da fare è rendersi conto che si sta agendo in modo sbagliato, che la direzione verso la quale si va non è quella giusta; solo la consapevolezza rende capaci di fare i passi successivi. Quali sono le opere che la Chiesa di Sardi non compie più? Probabilmente le opere dell’amore, quelle della carità. Il Signore però non si limita a rimproverare, ma usa di nuovo il l’espressione sii vigliante, subordinata al ricordo di ciò che è stato consegnato e ascoltato (la tradito fidei e la fides ex auditu). Ci si potrebbe chiedere come è possibile essere vigilanti, svegli, se si è morti! Ci viene in aiuto un antico inno liturgico: «Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà». Cristo nei suoi giudizi non è mai irremovibile ma si rivela sempre fiducioso nella conversione e foriero di una promessa: «con me puoi cambiare». A chi in Sardi si mantiene fedele, è promesso l’abito bianco e il nome nel libro della vita, ancora una volta due simboli battesimali. 

Laodicea: essa era una prestigiosa città situata sulla via principale che collegava Efeso con le regioni orientali e all’incrocio di altre strade secondarie. Tale ubicazione la rendeva un importante nodo commerciale. C’era un’attività importante nel settore tessile e per la lavorazione di unguenti per orecchie e occhi. Il Signore vede i credenti di Laodicea in uno stato di tiepidezza, situazione fortemente negativa che li porta a una sterile neutralità e a una vita mediocre: né bene né male, né assenza, né pienezza d’amore. Si tratta di una realtà così inefficace che in questa lettera non vengono elencate le opere della comunità. Il bilancio termina con le più dure parole di tutto il gruppo delle sette lettere “sto per vomitarti”. In questa immagine è evidente l’accenno alle acque termali della vicina Gerapoli, le quali fuori dalla sorgente calda diventavano subito tiepide, perdendo così il loro potere terapeutico. La tiepidezza che caratterizza la vita di questa chiesa, rappresenta un comportamento talmente inaccettabile da provocare la nausea. La dura reazione del Signore nei confronti di questa chiesa fa capire che si tratta di un caso di estrema gravità., che ricorda quello già apparso nella Chiesa di Efeso. L’autore dell’Apocalisse quindi ha collocato le parole più severe rivolte a un gruppo di fedeli nella prima e nell’ultima delle lettere alle chiese. Non è casuale che tali tristi situazioni siano riferite alle comunità che si vantano sia della propria ortodossia (Efeso) che della propria ricchezza (Laodicea). Entrambe le chiese, nonostante le loro sicurezze dottrinali ed economiche, sono in pericolo di scomparire, poiché la loro mancanza di amore le allontana progressivamente dal loro Signore. La situazione di tiepidezza causa una visione distorta che la chiesa di Laodicea ha di se stessa, e il Signore pone allo scoperto la sproporzione tra quello che la comunità crede è quello che di fatto è. La lettera a Laodicèa è da un punto di vista, la più severa, dall’altro punto è la più delicata, la più affettuosa. Di fronte alla tiepidezza, il male peggiore, il rimedio è Gesù stesso, «oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista» (Ap 3,18). Come a dire: se riconoscerai la tua povertà, la tua tiepidezza e ricorrerai a Gesù, troverai l’aiuto risolutivo. Quelli che il Signore ama, li corregge: «Figlio mio, non disprezzare l’istruzione del Signore e non aver a noia la sua correzione, perché il Signore corregge chi ama, come un padre il figlio prediletto». (Pr 3, 11-12).

(Sono debitore per l’esegesi di questi brani a don Renzo Caserotti, prete della diocesi di Trento)

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