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La Parola per oggi

Pietro, nella sua seconda lettera, ci ricorda che aspettiamo «nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia». Fondamentale la subordinata: «nei quali avrà stabile dimora la giustizia». Noi cristiani, cioè, non aspettiamo il paradiso come fuga dal mondo, liberazione dai mali che ora ci rattristano, ma come città celeste, dove finalmente non ci saranno ingiustizie, povertà, malattie, cattiveria.

Questo accadrà perché Dio sarà tutto in tutti: è da questo dato di fede che prende vita la nostra speranza, non da una volontà di liberazione da ciò che ora non ci piace. Se così non fosse, se cioè aspettassimo solo di essere liberati da ciò che ci appesantisce, saremmo pagani.

Per questo Cristo è asceso: per essere tutto in tutti; ora nella speranza, alla fine dei giorni nella verità. Non è forse l’immagine – bellissima – del Cristo asceso che tutto tiene nelle sua mani che deve sostenere la nostra speranza?

Nel tempo che viviamo ora ci è chiesto di essere degli specchi che in qualche modo riflettono la giustizia che avrà stabile dimora nel Regno dei Cieli. Sapremo oggi essere immagine fedele di questa virtù, cercando il bene e il giusto per i nostri fratelli che ancora giustizia non hanno, per i poveri, i diseredati, i perseguitati? Sapremo essere giusti nelle scelte da fare, nell’impegno politico, che «è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità»? (G. LA PIRA, La nostra vocazione sociale, AVE 1945). Così si dà a Cesare quel che è di Cesare, ma a Dio ciò che è di Dio.

La santità non consiste forse nel fare della nostra vita terrena, che comprende anche il nostro impegno nel mondo, una feritoia attraverso cui passi la Luce del Regno di Cristo?

Leggi le Scritture per oggi

Qui un breve pezzo sulla leggenda dell’ascensione di Alessandro Magno. Interessante come questa leggenda pagana sia stata più volte ripresa in ambito cristiano, per sottolinearne l’ambivalenza: un valore positivo e uno negativo, a seconda di come ci si gioca la vita.

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