«Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato». Conversione come dono di Dio e non – solo – come sforzo dell’uomo. Meglio: conversione prima di tutto come dono di Dio e poi anche come sforzo dell’uomo. Conversione – lo sappiamo e ci esce dalle orecchie – vuol dire girarsi verso qualcosa o qualcuno. Sappiamo però che nell’antico linguaggio della fisica questo termine sta anche ad indicare il movimento nello spazio di un corpo intorno ad un altro corpo: «Il desiderio grande con che sono stato aspettando la venuta di Vostra Signoria, per sentir le novità de i pensieri intorno alla conversione annua di questo nostro globo, mi ha fatto parer lunghissime le ore notturne passate, ed anco queste della mattina, benché non oziosamente trascorse…». (Galileo Galilei, Dialogo sui massimi sistemi. Giornata terza). Mi piace pensare alla conversione come ad un essere attirati da Dio, proprio come un corpo celeste è attirato da un altro, perché questo significato lascia spazio più al desiderio che allo sforzo, che pure dev’esserci perché la conversione sia portata a compimento.
Così scriveva Andrè Frossard, grande convertito dell’ormai secolo scorso: «Se il XXI secolo si convertirà, ciò avverrà per uno sguardo nuovo, per lo sguardo mistico che ha la proprietà di vedere le cose per la prima volta in una maniera inedita. Quando l’essere umano si accorgerà d’essere minacciato nella sua essenza proprio dalla cucina infernale degli apprendisti stregoni, nella sua vita dal pericolo mortale dell’inquinamento, senza parlare dell’inquinamento morale che finirà per fargli paura, egli proverà forse il bisogno d’essere salvato e questo istinto di salvezza lo condurrà, può darsi, a cercare altrove, ben lungi dai discorsi inoperanti della politica o del borbottio d’una cultura esangue, la ragione prima di quello che egli è, e non la troverà che nel rinnovamento integrale della sua intelligenza attraverso la contemplazione, il silenzio, l’attenzione più estrema e, per dire tutto con una parole, nella mistica, la quale non è altro che una conoscenza sperimentale di Dio»: parole che sembrano scritte per questo nostro tempo…
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