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La Parola per oggi

Si narra che quando sant’Antonio da Padova fu a Rimini, allora in mano ad un gruppo di eretici, iniziò come suo solito a predicare; ai cittadini però era stato dato l’ordine di non ascoltarlo. Eppure Antonio aveva grandi capacità oratorie, nessuno riusciva a resistere alle parole ispirate con cui parlava, un po’ come il nostro patrono Stefano (di cui ascolteremmo l’istituzione a diacono nella liturgia odierna, se non prevalesse la festa dell’evangelista Marco). Nessuno lo ascoltava. Senza perdersi d’animo egli si recò in riva al mare e iniziò a predicare ai pesci. Miracolo! Tutti i pesci vennero a galla non per guardare la palle di pelle di pollo fatta da Apelle figlio di Apollo, ma per sentire Antonio. Tutti ben ordinati ascoltavano Antonio.

Anche di san Francesco d’Assisi sappiamo che parlò agli uccelli.

Oggi leggiamo che il Signore Gesù, prima di ascendere al cielo, chiede ai suoi apostoli di andare (apostolo vuol dire colui che è mandato) ad annunciare il Vangelo ad ogni creatura. Ecco svelato uno dei sensi delle prediche agli animali dei due santi, ma pensiamo anche alle testimonianze in questo senso di sant’Antonio abate: l’unità profonda del creato, la comunione che si crea tra gli uomini di Dio con il regno animale e quello vegetale. Questo è un dono di Dio all’uomo: essere tutt’uno con il Creato. Papa Francesco ci ha regalato una splendida enciclica sul creato: sembra che i grandi della Terra se ne siano dimenticati…e ora i virus imperversano, grazie alle nostre dimenticanze.

Sapremo, tutti insieme, essere più rispettosi del mondo che Dio ci ha chiesto di custodire, ponendo l’Uomo e la Donna nel Giardino? Una volta terminata l’emergenza, useremo di meno e meglio auto, aerei, elettricità, acqua? Oppure torneremo a dimenticarci che predicare il Vangelo a tutte le creature non significa predicare a pesci o uccelli, ma prima di tutto annunciare che anche la Creazione «geme e soffre, come nelle doglie del parto». (Rm 8, 21).

Come a dire: o ci salviamo con la Terra o con essa siamo destinati a perire. Papa Francesco nella memorabile meditazione di venerdì 27 marzo, in una piazza san Pietro desolatamente e potentemente vuota ha detto a Dio: «In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato» e ha proseguito così: «Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri». Noi possiamo aggiungere «e verso il creato», sicuri di non travisare le parole del Papa.

Tocca a noi, non c’è più tempo. Dobbiamo annunciare e vivere la Buona Notizia che la Creazione tutta intera sarà liberata «dal potere della corruzione per partecipare alla libertà e alla gloria dei figli di Dio». (Rm 8, 22).

Leggi la Scrittura per oggi.

Guarda il dipinto del Veronese della predica di Antonio ai pesci.

Leggi l’omelia del Santo Padre del 27 marzo.

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