Is 49,1-6; Sal 70; Gv 13,21-33.36-38
Sono tre i punti sui quali ci soffermiamo nel Vangelo di oggi.
Il primo è il discepolo amato: quasi tutti gli studi concordano con la tradizione nel designarlo in Giovanni. Non ci addentriamo oltre, perché la questione è complessa, ma sicuramente l’autore del quarto Vangelo ha in mente uno dei discepoli, uno che spesso è stato con Gesù e con Pietro, una figura dunque autorevole all’interno dei Dodici. C’è anche però un valore simbolico (come attesta Brown, nel già citato studio sul Vangelo in questione): il discepolo si china sul petto di Gesù, come è detto del Verbo che è rivolto verso il seno del Padre. Diventa in questo modo il simbolo dell’intimità di ogni discepolo del Regno con il suo Signore e con il Padre, secondo le parole del capitolo 17.
Il secondo è l’opposto: Giuda, il traditore. All’annuncio del tradimento «Gesù fu profondamente turbato» (13,21). E’ il medesimo turbamento che egli prova di fronte alla morte di Lazzaro (11, 33) e nel capitolo 12 al versetto 27, quando Gesù capisce che l’Ora è giunta. Tale turbamento è espresso con un verbo greco che esprime rabbia, spavento, angoscia, poiché Gesù in quei momenti si trova davanti all’irruzione di Satana nel mondo, che egli non può accettare, poiché è ciò che Gesù è venuto ad impedire nel mondo. Grazie alla collaborazione di Giuda, l’Avversario è invece di nuovo presente, come lo era per opera della morte nell’episodio di Lazzaro.
Il terzo punto è descritto dal versetto 30: Ed era notte. Lapidario ed evocativo come altri pochi versetti del Vangelo e forse anche della letteratura tutta. Se esso è sicuramente un’indicazione cronologica, rispetto all’ora della cena e alla Pasqua, è però anche l’indicazione che è giunta l’ora delle tenebre, in cui Satana ha libero sfogo.
Ma il Prologo del quarto Vangelo assicura che «la luce splende nelle tenebre, perché le tenebre non la vinsero». Verrà l’alba in cui Maria di Magdala troverà il sepolcro vuoto e sentirà la voce dell’amato Signore. Vivo.