Ez 37,21-28; Ger 31,10-13; Gv 11,45-56
«Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!».
Giovanni ci riporta come una profezia quest’affermazione di Caifa, sommo sacerdote in quell’anno di salvezza. Ci potrebbe sembrare strano che la parola di un nemico di Gesù possa essere considerata tale. Nient’affatto: era normale nel giudaismo ritenere che un sommo sacerdote avesse lo spirito di profezia e poiché il quarto evangelista scrive per i cristiani provenienti dall’ebraismo questo appare ancor più di una logica stringente. Caifa in realtà era preoccupato per la sorte del Tempio e di Israele e aveva paura che Gesù in qualche modo provocasse i romani contro i Giudei, cosa che al Signore non interessava proprio; pronunciando questa massima politica, egli in realtà profetizza che il popolo sarà riunito in un’unica Chiesa. Poiché il vangelo di Giovanni sembra rivolto anche ai Gentili, a coloro che cioè provengono dalle Genti, i pagani, come illustra Brown nei suoi autorevoli studi, questo annuncio acquista un significato ancora maggiore: tutti saranno riuniti in Cristo, il nuovo Tempio.
Questo modo di pensare rispecchia tutta la teologia giovannea, come si desume dal capitolo 6, che contiene i passi eucaristici di Giovanni, e dalle affermazioni sull’unità dei discepoli al capitolo 17, come pure nel corpus paolino. Così nella prima lettura di oggi troviamo la stessa idea in Ezechiele: Caifa, inconsapevolmente, ripropone il medesimo sentire.
Dio si serve di chi vuole per annunciare la Salvezza: nella sua misericordia conceda anche a chi lo odia di aderirvi.
Perché il dono del Cristo sia per voi e per tutti.