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La Parola per oggi

Dn 3,14-20.46-50.91-92.95; Dn 3,52-56; Gv 8,31-42

 «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi»

Di quale libertà sta parlando Gesù, continuando il discorso nel Tempio durante la festa delle capanne? Egli fa riferimento ad Abramo: gli Ebrei si considerano, a buon titolo, figli di Abramo. Dio promise ad Abramo una discendenza che sarebbe stata benedizione per il mondo: il popolo eletto è questo segno di benedizione, ancora oggi. Al tempo di Gesù però, il senso di responsabilità nel sapersi figli di tale grande padre perse vigore, fino a diventare quasi una specie di talismano, l’assicurazione di una speciale protezione per sé e non per il mondo intero. Gesù contesta questa visione, che porta inevitabilmente alla chiusura su se stessi e quindi al peccato, dal quale è necessario liberarsi, dimorando nella parola di Gesù, come egli stesso afferma nel Vangelo odierno.

Anche questa libertà è legata ad Abramo: egli infatti, dopo aver constatato che la promessa di Dio si era realizzata, licenziò la schiava Agar, con la quale aveva concepito il figlio Ismaele per tenere con sé soltanto Sara: questo episodio secondo l’apostolo Paolo è figura della libertà (Gal 4, 21 ss).

Gesù oggi ci invita a non stare nel peccato, che ci induce a guardare a noi stessi, al nostro passato che spesso ci incatena, a ciò che va bene solo a noi stessi. A ben vedere egli ci chiede di più, di non considerare cioè l’Evangelo un dovere (Greetje Van der Veer, Incaricata della Chiesa metodista plurisede di Fermo-Palombaro-Pescara) ma di vivere la libertà vertiginosa della fede: così Abramo è diventato padre di moltitudini…

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