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La Parola per oggi

Es 32,7-14; Sal 105; Gv 5,31-47

[Mosè] «ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?» Ci potremmo domandare quando Mosè abbia scritto di Gesù, anzi quando Mosè abbia scritto. Le risposte sarebbero «nulla» e «mai». Sappiamo però come la tradizione rabbinica individuasse in Mosè più che l’autore degli Scritti (i Ketuvìm), il modello di tutti gli scrittori ispirati, così come in Elia il modello di tutti i profeti (i Neviìm, che non corrispondono in toto a quelli che noi consideriamo i Profeti).

Fatta questa premessa, ci è dunque più chiaro cosa volesse dire Gesù con quell’affermazione. Egli, in sostanza, dice che tutte le Scritture si riferiscono a lui, alla sua missione di redentore e salvatore. In questo modo Gesù stesso ci invita ad una lettura di esse che abbia sempre come riferimento Lui, Libro e Lettore, come lo ha definito J. Lecrercq.

Tale tipo di lettura ci chiede un approccio che non sia intellettuale, storico o moralistico: ci è chiesto di innamorarci di esse, perché in esse troviamo Gesù stesso che ci parla, ci relazioniamo con lui, stiamo con lui in “amoroso colloquio”.

Prenditi del tempo, stai in un luogo solitario e silenzioso e assapora la bellezza della Scrittura:

Girala e rigirala, in essa c'è tutto.
Rimirala, invecchia e consumatici sopra:
non ti allontanare mai dalla Torah,
poiché non v'è per te parte migliore di essa.

Detto rabbinico attribuito a Ben Bag Bag, Pirqé Avot 5,24; 2,8

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