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La Parola per oggi

Immacolata, parte seconda
Giovanni Battista Tiepolo, Immacolata Concezione, 1768, Olio su tela,
Museo del Prado, Madrid

Ci sono dei giorni in cui non si riesce – forse non si vuole – star dietro a tutto: così ieri – 7 dicembre – non sono riuscito a scrivere quel che avrei voluto sulla festa dell’Immacolata Concezione di Maria. Ci provo oggi, lucis post terminum.

Il peccato originale, quello vero e non quello presunto da molti cristiani che non hanno avuto, loro malgrado, una giusta formazione, non ha nulla a che vedere con le foglie di fico di Adamo ed Eva e sopratutto con quello che esse nascondono. Alzi la mano chi non ha sentito almeno una volta che il peccato originale riguardasse primariamente la concupiscenza della carne. Qui casca l’asino, che magari è asino solo perché ha avuto catechisti (e preti) asini, che hanno a loro volta avuto ha avuto catechisti (e preti) asini, che hanno a loro volta avuto catechisti (e preti) asini…che al mercato mio padre comprò direbbe quel là.

Certo, quel peccato delle origini riguarda la castità, però bisogna intendersi su cosa essa sia; primariamente non è l’astinenza dai rapporti sessuali: questa è un possibile risvolto della castità, ma non il primo e non l’unico. In una coppia sposata, l’esercizio della sessualità prevede la castità, che non è un periodo di astinenza ma è sapere che l’altra/l’altro la/lo posso desiderare ma non possederlo, non averlo come una possesso che mi procura piacere, fosse anche spirituale.

Ecco, la festa odierna riguarda la castità, cioè il modo di porsi davanti a persone, situazioni, cose. Quante volte in un rapporto di amicizia, lavoro, genitoriale, sponsale, amoroso, filiale, proviamo ad “avere” l’altra persona, come un possesso? Quante volte ci impossessiamo di idee altrui, vendendole come nostre? Quante volte pensiamo che sia normale considerare le persone a cui vogliamo bene come nostre, mie?

Così i progenitori, che non sono altro che il tipo, la figura dell’umano nella sua pienezza (no, Adamo ed Eva non sono mai esistiti. La Bibbia ha anche un registro figurativo, necessario per spiegare le verità di fede), hanno deciso di oltrepassare il limite umano credendo di appropriarsi della conoscenza del bene e del male (il frutto proibito dell’albero negato); così facendo si sono autoesclusi dal rapporto con Dio, il quale è il solo che ha piena conoscenza di bene e male. Noi ne abbiamo una a lui relativa, quindi parziale. Non volere come proprio quel frutto è l’accettazione della propria umanità. Volerlo a tutti i costi è un’impossibile sostituzione a Dio.

Tutti i giorni siamo tentati di questo: Maria, con il suo sì libero e consapevole, ha accettato di essere creatura capace di andare al di là di ogni limite creaturale (il concepimento del figlio senza concorso umano): in lei l’umanità è redenta e resa capace di atti che soli spettano a Dio.

In lei, per l’opera del Figlio, siamo liberati dal peccato, resi immacolati, senza macchia; lei è la prima di coloro che vivono questa condizione, perché madre di Gesù, che ha liberamente scelto come figlio e Signore.

Ella preghi per noi, perché siamo capaci di vivere con la sua libertà e non con quella – presunta e non veritiera – di Adamo ed Eva.

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