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La Parola per oggi

Is 11,1-10; Sal 71; Lc 10,21-24

Un germoglio è l’immagine che Isaia, il prigioniero della speranza, usa per dipingere il Signore della storia. Un virgulto. Qualcosa di piccolissimo, di fragile; un ramoscello tenero, facile da spezzare.

Eppure sarà lui a giudicare con giustizia la storia; sarà lui a percuotere gli empi, chi si fida solo di se stesso. Sarà lui che ultimo, si ergerà sulla polvere (Gb 19,25).

Sarà ancora lui a metter pace tra lupo e agnello, tra leopardo e capretto, tra mucca e orsa. Tra nemici.

Un bambino è nato per noi (Is 9,5) sentiremo ancora una volta con stupore e amore nella notte di Natale; un germoglio, virgulto di una stirpe che non avrà mai fine: coloro che, amando, dimostreranno di credere in lui.

Mi è piaciuto ritrovare questa stessa fragilità capace di vittoria mite ma forte in questa poesia di Franco Fortini (1917 – 1984), dalla raccolta Foglio di via e altri versi (Einaudi 1946, 1967)

Potrebbe essere un fiume grandissimo
Una cavalcata di scalpiti un tumulto un furore
Una rabbia strappata uno stelo sbranato
Un urlo altissimo

Ma anche una minuscola erba per i ritorni
Il crollo d’una pigna bruciata nella fiamma
Una mano che sfiora al passaggio
O l’indecisione fissando senza vedere

Qualcosa comunque che non possiamo perdere
Anche se ogni altra cosa è perduta
E che perpetuamente celebreremo
Perché ogni cosa nasce da quella soltanto

Ma prima di giungervi

Prima la miseria profonda come la lebbra
E le maledizioni imbrogliate e la vera morte
Tu che credi dimenticare vanitoso
O mascherato di rivoluzione
La scuola della gioia è piena di pianto e sangue
Ma anche di eternità
E dalle bocche sparite dei santi
Come le siepi del marzo brillano le verità.

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