Nm 21,4-9; Sal 101; Gv 8,21-30
Un Dio che continuamente perdona è un Dio debole o un Dio che in quella apparente debolezza cela la sua fortezza? Ancora una volta il popolo nel deserto pecca e Dio, pietoso, perdona, attraverso un segno che rimanda alla causa stessa di morte, il morso del serpente, che assunto da Dio diventa salvezza.
Così il Signore attraverso il peccato dell’uomo, che è sempre rifiuto di Dio e della sua opera di salvezza, salva il peccatore: Gesù innalzato sulla croce non è forse il segno del rifiuto massimo dell’amore del Padre e insieme la sua salvezza?
I padri della Chiesa ripetevano “quod non est assuptum, non est sanatum”: ciò che non è assunto da Dio, non è dal lui salvato (cfr. Gregorio Nazianzeno, Lettera Cledonio (PG 37, 181 e Atanasio, Contra Arianos II 69 e I 70).
Avviandoci alla settimana santa, contempliamo sempre di più questo amore che assume il peccato e siamo invitati a gesti d’amore che assumano, coprano e salvino il peccato, nostro e dei fratelli.
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